Conosciamo Agnes Obel, l’elegante cantautrice danese

Agnes Obel

Nella rubrica musicale di Nøglen abbiamo avuto modo di conoscere abbastanza musicisti scandinavi di tutti i tipi. Dalla tropical house di Kygo alle sinfonie di Ólafur Arnalds, all’elettropop di Zara Larsson. Oggi cambiamo ancora genere, andando a conoscere Agnes Obel, un’artista danese veramente difficile da collocare. 

Un’artista poli-strumentale, che unisce la musica classica e orchestrale, sinfonica, al canto (ma non sempre) e a sonorità più moderne. Il risultato è incredibile, una tipologia di musica mai vista prima del suo debutto e che ha creato un nuovo genere di musica pop, una nicchia che pian piano si sta facendo strada, venendo scoperta non solo nel panorama musicale scandinavo, ma in generale in tutto il panorama musicale europeo. 

Da Philarmonics a Citizen Of Glass, fino all’ultimo lavoro Myopia, passando per Aventine e all’esperimento di Late Night Tales: Agnes Obel. Lavori con un filone unico, ma sempre diversi e diversificati, che trattano diverse tematiche, e propongono sempre nuove sonorità.

Un’autrice che dalla Danimarca (e da Berlino, a lungo la sua città) ha incantato un continente, conquistando anche il resto del mondo grazie alla Serie TV di Netflix “Dark”, che ha inserito il suo singolo Familiär nella sua colonna sonora.

Non consideratela quindi “l’ennesima donna al piano”: se è vero che ogni sua musica ha alla base questo strumento (spesso, e soprattutto negli ultimi lavori, “nascosto” da tutti gli altri) e un’aria più o meno nostalgica, è anche vero che la sua musica si distingue sempre di più per compostezza, espressività melodica e una grande capacità di composizione. 

La vita di Agnes Obel

Agnes Caroline Thaarup Obel nasce a Copenhagen il 29 Ottobre 1980. Timida e riservata, nelle sue interviste non parla mai di sé. Sappiamo che ha studiato presso l’Università di Roskilde, e che da piccola viene ammaliata dalla musica di Jan Johansson, artista diviso tra folk e jazz. Questa ispirazione la spinge a imparare a suonare il basso, che suona in un gruppo musicale creato insieme ad alcuni amici.

Tuttavia, prima di fare la musicista Agnes Obel ha fatto una brevissima esperienza come attrice: ottiene infatti una piccola parte nel film Drengen Der Gik Baglæns (Lett. “Il Ragazzo che tornò indietro/andò all’indietro”), uno dei primi corti del celebre regista danese, collega e amico del più famoso Lars Von Trier. Nella stessa pellicola, suo fratello Holger Thaarup è il protagonista. 

Ma Agnes ama la musica, e oltre a Jan Johansson, grazie a sua madre (a sua volta artista), conosce Chopim, Bartók, Debussy, Maurice Ravel ed Erik Satie. 

Il trasferimento a Berlino e Philarmonics

Nel 2006 sceglie il percorso che si rivelerà poi fondamentale per la sua carriera musicale: si trasferisce a Berlino con il suo compagno Alex Brüel Flagstad, anche lui operante in ambito artistico (è fotografo e regista). Nel gigante europeo la sua carriera conosce una vera e propria impennata: ottiene infatti un contratto con la PIAS, e ottiene una piccola popolarità nello spot televisivo in uno dei principali player di telecomunicazioni in Germania, nel quale la soundtrack è il suo brano “Just So”. Non si tratta certo di una svolta, ma è il primo e determinante modo per far conoscere le sue note a tutto il pubblico tedesco.

La vera svolta arriva nel 2010, anno in cui Agnes Obel pubblica il suo album d’esordio Philarmonics, che lei realizza grazie alla collaborazione di Dan Matz, membro del gruppo Windsor For The Derby. Fin da subito si delinea il suo stile: 11 brani, di cui 8 canzoni originali, tre strumentali (un must-have in ogni album della Obel) e una cover (Close Watch di John Cale), che costituiscono i 40 minuti dell’album. 

Suo primo, vero biglietto da visita, Philarmonics racchiude al suo interno un insieme di pezzi melodici a temporali, uniti in una dimensione domestica e al contempo orientati in ambientazioni trasognate, il tutto tenuto insieme da delle innovative e moderne soluzioni cameristiche e da sfumature tenebrose – queste ultime, un preludio agli ultimi lavori, Citizen Of Glass e soprattutto Myopia. 

L’album si distingue per un’atmosfera severa e austera, composta, che viene del resto riassunta dalla copertina del CD. L’album è sapientemente organizzato, e tutto il suo concept viene espresso fin dal primo brano, Falling Catching. Il singolo che invece ottiene più successo e che è in grado di esprimere al meglio, per la prima volta, la vocazione artistica di Agnes Obel è sicuramente Riverside, un’elegia di solitudine decorata con movimenti pregevoli e aperture melodiche. 

Riverside è del resto anche il primo brano dell’artista a diventare parte della colonna sonora di un film: la sua vecchia conoscenza Thomas Vinterberg lo sceglie per il film Submarino (cosa che le fa ottenere il Premio Robert come “miglior canzone originale”); e anche la popolare serie TV americana Grey’s Anatomy lo sceglie come colonna sonora in un episodio. Due eventi che non fanno che spingere e far conoscere la figura di Agnes Obel nel mondo.

Philarmonics è il biglietto da visita di Agnes Obel anche per la capacità dell’album di delineare una spiccata personalità dell’artista, che all’apparenza può ricordare altri artisti ma che in realtà è unica nel suo genere. Ogni suo pezzo è in grado di suscitare suggestioni sempre diverse, con una linea malinconica e folk e una progressione strumentale sempre più ricca.

Tra i brani imperdibili non si può non citare Avenue che, insieme a Brother Sparrow regala un’atmosfera elegante e senza tempo grazie a flebili beat e tastiere liquide. Over The Hill è invece un brano dove sono gli archi a fare da protagonisti, e danno un tocco romantico, mentre nella title track Philarmonics e in On Powdered Ground ci sono i più alti tocchi drammatici. Malinconia, romanticismo, atmosfere drammatiche, stile gotico e, infine, giochi eterei e inarcati, che si esprimono invece in Beast, brano che invece sorprende per la capacità di Agnes Obel di saper sfruttare al meglio anche tutte le potenzialità dell’arpa. 

L’uscita di Philarmonics si accompagna anche a un tour di promozione dell’album, che permette di far conoscere Agnes Obel anche per le sue incredibili performance dal vivo. Con il suo aspetto delicato e particolare, i capelli biondi e gli occhi blu-mare, Agnes Obel riesce a incantare tutti con la sua voce delicata, addirittura migliore di quella che traspare nell’album. Chi scrive ha visto Agnes Obel dal vivo, ed è proprio come la descrive: estremamente timida (comincia a sciogliersi, anche se non troppo, solo a fine concerto) ma comunque efficace, perché in grado di trasmettere tutta la sua passione, e la felicità proprio grazie alla musica.

Nei concerti inoltre traspare in modo più che evidente la sua capacità di personalizzare in nuovi arrangiamenti le tracce originali del suo repertorio. 

Aventine: una Agnes Obel meno austera

Nel 2013, tre anni dopo l’uscita dell’album di debutto, arriva Aventine, un album dalle sonorità sicuramente meno cupe e austere, ma più delicate e incantate. La stessa Agnes Obel racconta che aveva iniziato a delirare il profilo del suo nuovo lavoro già durante il tour di quello precedente, con un particolare focus sul violoncello e sugli altri strumenti a corda, che in effetti sono i protagonisti di Aventine, il cui titolo omaggia il colle Aventino di Roma. 

Agnes Obel dice di aver registrato con tutti gli strumenti vicinissimi tra di loro, come vicinissimi erano i microfoni, in una piccola stanza che ha permesso di avere un suono rado. Pur con elementi di originalità, Aventine si mantiene abbastanza simile, nelle atmosfere, al predecessore Philarmonics. È un lavoro certamente valido, che piace però più se non si conosce Philarmonics. Il secondo lavoro di Agnes Obel ha sì brani unici e originali (come The Curse, Dorian, Fuel To Fire e lo strumentale Tokka) ma contiene anche dei brani forse un po’ poco centrati. 

Anche Aventine, la title track, è un brano da tenere in considerazione, perché è un brano esplosivo ma al contempo magico, sempre ben arricchito dalle note di violino. Tutti questi brani costituiscono la prima parte dell’album, e da qui consegue che il vero punto debole di Aventine è la sua seconda parte, contenente brani non brutti, ma non eccelsi, che si limitano a “fare i compitini”. 

Insomma, Aventine non è certamente un album da buttare, ma forse sembra adagiarsi troppo sul successo di Philarmonics di cui costituisce una sorta di seguito, la cui novità sono gli archi, che un cambio di rotta.

Il successo di Citizen Of Glass

Il cambio di rotta arriva però nel 2016, tre anni dopo Aventine: Agnes Obel pubblica infatti uno dei suoi lavori migliori, Citizen Of Glass. Più corto degli altri due, l’album è un vero scrigno di innovazione. L’artista sfrutta qui tutta la tecnologia del suo nuovo studio di registrazione, ma soprattutto usa nuovi suoni, con un definitivo stacco rispetto al passato: è importante l’uso di elementi elettronici, celesta, ma soprattutto del trautonium. 

Un nome che per alcuni potrebbe suonare familiare, perché è un proto-synth inventato nel 1929 da Friedrick Trautwein e usato niente meno che da Alfred Hitchcock nel film Gli Uccelli, pellicola che ispira l’album della cantautrice danese nella copertina, realizzata dalla fotografa Mali Lazell.

Fortemente ispirato è lo stesso titolo, Citizen Of Glass, che feriva dal concetto tedesco di Gläserner Bürger, il cittadino di vetro, che si riferisce al livello di privacy del singolo di uno stato e che però nel tempo è diventato simbolo di quanto sappiamo del corpo e della storia di una persona. Ovvero, “se io sono completamente di vetro, sappiamo tutto”.

Filosofia a parte, il cambiamento di Citizen Of Glass si nota fin dal brano di apertura, Stretch Your Eyes, uno dei brani più belli mai composti da Agnes Obel. Poco più di 5 minuti di canzone in cui Agnes suona la spinetta e annuncia un pathos diverso, sonorità delicate ma sinistre, drammatiche che rimandano, ma evolvono, l’atmosfera creata in Philarmonics. 

Un vero contrasto con la title track, la preferita di chi scrive, che non solo è decisamente breve, ma è in grado di riprodurre l’atmosfera gelida, lontana e delicata della Danimarca e della Scandinavia. Citizen Of Glass sembra effettivamente composta con suoni di vetro, di ghiaccio e di cristallo, ma le sonorità così dolci lasciano comunque spazio a un sottofondo cupo e, sopratutto, malinconico.

Familiär, il singolo più celebre dell’album e parte della soundtrack di Dark è invece uno dei più innovativi, sia per gli strumenti utilizzati sia per i cori maschili (presenti, in misura minore, anche nella title track) che forse vogliono richiamare le atmosfere spirituali.

Decisamente più tormentata, invece, Red Virgin Soil, un brano complicato, difficile, quasi ostico, che non lascia un attimo di tregua. Da tenere in considerazione, poi, anche It’s Happening Again (altro brano presente in Dark) e Trojan Horses, forse il brano con più strumenti visto che contiene clarinetti, arpe, violoncelli e clavicembali. 

Agnes Obel e il cupo Myopia

Citizen Of Glass è l’album che lancia definitivamente Agnes Obel e la fa conoscere a tutta la scena mondiale. Nel 2020 esce la sua ultima fatica, Myopia, il cui concept ancora una volta è annunciato dalla copertina ma anche dall’estetica dei video, tutti con tonalità fredde e blu. Se Citizen Of Glass ha stupito con il suo nuovo stile eclettico e dirompente, Myopia ripaga le attese e la fiducia richiesta dall’artista oggi quarantenne grazie a delle composizioni dalla costruzione ineccepibile. 

Myopia, che parla di insonnia, di depressione, di solitudine, è stato effettivamente composto in solitudine: la cantante si è infatti chiusa nel suo studio berlinese, quasi completamente sola, inseguendo stavolta una dimensione onirica e quasi flebile, astratta. Il risultato è un lavoro contenente ballate moderne, ma decorate con partiture pianistiche. Le corde, in questo caso, sono appena accennate.

Myopia è sicuramente l’album più personale e intimista di Agnes Obel. Un album totalmente diverso – ancora! – da tutti gli altri, e sicuramente più difficile da ascoltare. Importante è la presenza di brani strumentali, nonché i toni cupi e drammatici, che non lasciano mai spazio a sonorità più chiare. Anzi, l’emozione di Agnes Obel, che trasmette al 100% a chi ascolta, è tesa e palpitante.

A partire dal singolo Island Of Doom, che Agnes Obel ha composto in seguito alla scomparsa del padre e che è, infatti, un brano angosciante e macabro, visto che racconta di un surreale dialogo post-mortem proprio con il padre defunto.

Broken Sleep, altisonante e maestoso, è invece il brano sull’insonnia e a fare da contrasto alle sonorità più romantiche e pompose c’è un testo tra i più cupi e inquietanti di tutto il suo repertorio. Suoni onirici, che contrastano con un testo che racconta di incubi e di fantasmi che tormentano l’artista.

Fantasmi che sono rievocati anche in Camera’s Rolling, brano di apertura (e uno dei più belli) dell’artista, che vede sonorità sperimentali ed evanescenti, proprio come un fantasma. Myopia è quindi un lavoro molto più cupo anche di Philarmonics, ma rispetto all’album d’esordio qui non esiste una ballata pop. Qui l’alternative fa da padrona, con singoli estremamente ricercati e particolari, rivolti ad un pubblico sicuramente di nicchia.

Agnes Obel

In attesa di vedere che piega prenderà il prossimo lavoro di questa eccezionale artista danese, possiamo sicuramente dire che Agnes Obel, ormai affermata, ha un’innata capacità di esprimere, in tanti strumenti, ogni suo stato d’animo. Di raccontare, proprio come nelle cupe e sempre tragiche fiabe scandinave, ogni periodo della sua vita.

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