Conosciamo MØ, l’artista pop-punk danese più famosa del mondo

MØ

Se pensiamo alla musica Scandinava, sicuramente il primo paese che ci viene in mente è la Svezia, che in tutta l’età postcontemporanea ha creato una sua vera e propria identità con il pop scandinavo: ABBA in primis, e di recente Avicii, Swedish House Mafia, Zara Larsson, Tove Lo e via dicendo. Ma le vicine Norvegia e, soprattutto, Danimarca, non sono state a guardare. Anche la più antica monarchia d’Europa ha infatti una sua lunga tradizione musicale che ha fatto storia sulla scena pop: come dimenticare gli Aqua e il singolo Barbie Girl che facevano ballare tutti negli anni Novanta? Recentemente, la musica danese ha iniziato una rinascita, con artisti questa volta più seri e concreti rispetto agli Aqua: questo articolo vuole parlarvi di MØ, cantante danese alternative pop con elementi naturalmente Elettropop uniti a una buona dose di Rock e Punk!

 MØ, che in danese significa “Vergine” (nel senso di fanciulla), è il nome d’arte scelto da Karen Marie Aagaard Ørsted Andersen, originaria curiosamente di Odense, la terza città della Danimarca per dimensioni e numero di abitanti. Dico curiosamente perché Odense è anche la città dell’Andersen più famoso di tutti, Hans Christian, il celebre autore di fiabe vissuto nell’Ottocento. Dopo una prima fase di carriera come artista dai tratti dark e alternative pop, MØ è salita alla ribalta nel 2015 con uno dei tormentoni di quell’estate, Lean On, prodotta con il gruppo statunitense Major Lazer e che ha fatto conoscere la sua voce e il suo nome in tutto il mondo.

Dopo un altro singolo frutto della collaborazione con i Major Lazer, Cold Water (che ha visto anche Justin Bieber), MØ – che aveva già dato una svolta commerciale alla carriera con No Mythologies to Follow del 2014 – ha dato vita all’album Forever Neverland, uscito nel 2018 e contenente ottime perle musicali. In attesa del suo prossimo lavoro, andiamo a conoscere meglio questa stella emergente della Danimarca.

MØ e il “Super DIY Hardcore Punk” unito al pop

Forever Neverland ha visto una sorta di ritorno alle origini per MØ, che in tutto l’album racconta il suo essersi persa, negli anni i Lean On, nelle pieghe della musica commerciale, quella musica artificiosa a cui lei non si è mai voluta piegare. Un album in cui torna a cantare per come si sente, e pezzi come Blur sono un’ottima sintesi della sua doppia anima: quella delle origini, che la vedeva parte di un duo hardcore punk femminista nella scena underground danese; e quella della ribalta, dei produttori internazionali, delle canzoni più leggere.

Proprio così: MØ muove i suoi primi passi come cantante di un duo, il cui nome era MOR, definito anarco-punk femminista, di cui una delle canzoni più significative porta il titolo di Pussy In Your Face. Il duo era composto da lei e una sua amica, che dal 2007 fino al 2012 hanno girato per tutta l’Europa, completamente ubriache, a scatenare rivolte, battaglie, e a girare video in stile new rave per gridare al mondo “Fuck Government”. Insomma, un passato da Rebel Girl più che da Bad Girl, molto curioso se pensiamo che MØ proviene da uno dei paesi considerati “più felici” al mondo.

Eppure, andando ad ascoltare i suoi pezzi, quelli di No Mythologies to Follow e soprattutto Lean On, legati a un genere decisamente più mainstream, non potremmo mai pensare ad un’artista così legata a un genere diametralmente opposto e, spesso, inconciliabile. Soprattutto nel suo caso: nel 2016, Lean On fu la traccia più ascoltata su Spotify di tutti i tempi, il video su YouTube ha superato le 2 miliardi di visualizzazioni (la popolazione della Cina), e nello stesso anno lei era la più importante Pop Star del mondo.

Questa sua doppia anima, alla fine, l’ha spiegata proprio lei, in un’intervista al The Guardian, al quale spiega che spesso quando sta a Copenhagen, dove si è trasferita da Odense, va a vedere i concerti dei suoi gruppi punk preferiti. Così dice, parlando di uno di questi concerti:

Quando ho visto [il concerto] ho pensato: ‘Wow! Lo amo così tanto. Questa sono io. Ma è passato così tanto tempo… è difficile, perché ora c’è decisamente il pop in me. Amo quello che sto facendo; amo la musica mainstream. Ma amo anche l’hardcore punk faidate. In sostanza, amo entrambe le cose. È difficile combinarle. È qualcosa su cui devo lavorare, devo lavorare per metterle insieme”.

In particolare, in questa frase, MØ fa riferimento anche alla politica, argomento principale delle sue canzoni durante il quinquennio punk e da cui è piuttosto sopraffatta: la sua indole femminista e liberale certo non riesce a guardare bene eventi come la Brexit, Trump, nonché il riaffermarsi preoccupante dell’estrema destra in Danimarca. Quello su cui sta cercando di lavorare, che non abbiamo visto (completamente) in Forever Neverland, è proprio il connubio tra la sua musica energica, melodica, musica Scandipop e questi eventi politici. Per fare un paragone, le manca quel quid che ha permesso a Lana Del Rey di rendere il suo Lust For Life pieno di messaggi politici più o meno nascosti. Quello che MØ nota, e riconosce, è che però per artisti del calibro di Lana Del Rey e di altri che hanno lanciato messaggi più o meno espliciti nei loro album (come Beyoncé), è più facile farlo perché più affermati, mentre MØ, per quanto il suo successo sia stato enorme e letteralmente travolgente, ancora non ha la possibilità di lanciare messaggi troppo divisivi.

Gli esordi POP: Bikini Daze e No Mythologies To Follow

Dopo il quinquennio punk, come abbimo visto, MØ ha scelto di dare una svolta pop-mainstream alla sua carriera. Ha firmato un contratto con Sony Music e nel 2013 ha prodotto 4 singoli e l’EP Bikini Daze, che ha visto anche in questo caso Diplo tra i produttori. Nel 2014 esce il primo vero album di debutto, No Mythologies To Follow, molto apprezzato dal pubblico e dalla critica per la sua energia e la sua complessità. Segno che, già dall’inizio, MØ è riuscita a unire l’elettropop scandinavo della sua svolta alla sua indole “guerriera” del suo passato punk anarchico.

L’album in effetti contiene molte canzoni che riguardano la sua musicalità, la sua poetica e le sue scelte. Ma si nota soprattutto per i suoni sempre ad alto volume, e una forte propensione alle percussioni unite al sintetizzatore. Da ascoltare sicuramente Walk This Way, ultimo singolo estratto dall’album e considerabile una vera e propria dichiarazione di intenti. Altri pezzi di rilievo dell’album sono sicuramente la title track, No Mythologies To Follow, mentre grande energia e complessità di produzione hanno il titolo che apre l’album, Fire Rides; e Pilgrim, estratto come secondo singolo dell’album, un vero e proprio tripudio di bassi.

Lean On e Forever Neverland

Il 2015, come si è ampiamente ripetuto, è l’anno spartiacque della carriera di MØ. Dopo Lean On, che l’ha definitivamente consacrata sulla scena mondiale, MØ ha continuato a collaborare con Diplo, con degli “esperimenti” che inizialmente dovevano essere singoli estratti da un album in uscita: Kamikaze e Final Song. Il primo fu un vero e proprio successo di critica: il suo testo e la tipica energia di MØ nel canto e nella scelta di strumenti hanno fatto sì che il brano venisse considerato una sorta di versione musicale di Mad Max: Fury Road. Il video fu incluso tra i migliori videoclip del mese da Pigeons&Planes, ma in generale fu un successo solamente in Danimarca, mentre nel resto del mondo l’accoglienza fu piuttosto tiepida. Più fortunato Final Song, che divenne il singolo più venduto della cantante e il suo primo singolo a raggiungere la 15esima posizione nella classifica inglese.

Dopo altri singoli, nel 2018 esce Forever Neverland, di cui abbiamo già parlato e che segna un altro passo nella ricerca di conciliazione tra anima pop e anima anarco-punk di MØ. Il disco, più maturo del precedente, contiene la fantastica Blur, singolo ineccepibile per la maestria di composizione, e che vede il featuring con Foster And The People. Altri ottimi pezzi (è difficile scegliere) sono il singolo Nostalgia e Red Wine.

In generale, comunque, tutto l’album – che parla di una mancata crescita dell’artista, come dice il titolo (Neverland è il nome inglese dell’Isola che non c’è: MØ si sente come una sorta di Peter Pan) – ha una forte atteggiamento lawless, spirito senza legge. E questo anche perché è fortunatamente privo di versi hip hop, come invece la moda mainstream del momento “obbliga” ad adottare a tutti gli artisti. La sua voglia di originalità e senso di ribellione lo rivela, ancora una volta, lei stessa, quando le fanno notare una mancanza di collegamento con altre stelle della scena Scandipop (la musica pop scandinava), come la già citata Zara Larsson, o ALMA, ma anche il ritorno di Robyn. Alla parola Scandipop, infatti, ride di gusto, come stupita che nel resto del mondo usassero un termine così generico per tentare di unire nazioni così diverse e, soprattutto, di riassumere il lavoro di tantissimi artisti diversi.

MØ non ha ancora dato dettagli sul suo prossimo lavoro. nell’attesa che però ci faccia sapere qualcosa, o che esca a sorpresa il suo nuovo album, vi invito a riascoltare (o ad ascoltare per la prima volta) questa grande artista danese alla ricerca di un concilio tra le due sue anime.

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