La vita a lieto fine di Hans Christian Andersen

Hans Christian Andersen

Periodo natalizio, per molti, vuol dire anche periodo fiabesco. Molte delle fiabe, infatti, vengono raccontate a Natale, e magari sono scritte sul periodo natalizio, come la celebre A Christmas Carol  (Canto di Natale) di Charles Dickens. In generale, l’Europa Centrale e Settentrionale sembra essere molto legata a questo genere dedicato ai bambini, ma con messaggi indirizzati spesso agli adulti e alla società ipocrita; e proprio perché dell’Europa del Nord, sono spesso ambientate in inverno, e in climi molto freddi. Ma “fiabe” in Scandinavia vuol dire solo una persona: Hans Christian Andersen, il più noto scrittore di fiabe danese e di tutta la Scandinavia. 

Conosciuto per fiabe molto celebri, come La Regina delle Nevi, La Sirenetta, La Principessa sul Pisello e tante altre, Andersen è uno degli scrittori di fiabe più apprezzati del mondo, e forse lo scrittore danese classico più conosciuto. Le sue fiabe hanno ispirato tantissimi film, anche della Disney, compresi il primo Frozen e, in misura minore, Frozen 2. Ma non scrisse solo fiabe: fu autore anche di romanzi, fu poeta, e persino drammaturgo.

Scopriamo la sua biografia!

Hans Christian Andersen veniva dal basso

Andersen nacque a Odense, sull’isola di Fyn e terza città della Danimarca, il 2 Aprile 1805 nei quartieri più poveri della città, e da una famiglia poverissima. Suo padre, Hans, era un calzolaio, mentre la madre era Anne Marie Andersdatter (una delle ultime volte di uso del patronimico in Danimarca), e in maniera anomala per il tempo aveva 15 anni in più di Hans. Anne Marie aveva anche un’altra figlia da un altro matrimonio, Karen Marie, sorellastra di Hans Christian, e tutta la famiglia viveva in una sola stanza, in una casa condivisa con un’altra famiglia.

Hans Christian Andersen

Questo, però, non impedì ad Hans Christian di avvicinarsi, grazie al padre, alla letteratura. Lesse moltissimo fin da bambino, comprese le commedie di Ludvig Holberg – il padre della letteratura danese – e alcuni racconti tratti da Le mille e una notte. Inoltre, aveva allestito un suo piccolo e personale teatrino delle marionette, in cui metteva in scena i suoi spettacoli. I suoi genitori capirono subito le sue doti, soprattutto la madre che, molto superstiziosa, aveva ricevuto una “profezia” da una strega locale, che recitava: “Un giorno Odense si illuminerà a festa per ricevere tuo figlio”. Hans Christian Andersen era consapevole di questa predizione, e sarà lui stesso a raccontarla. Comunque, anche per questo motivo, la madre investì molto nella sua educazione, iscrivendolo alle pogeskoler, le scuole materne e primarie private di Odense. Il padre, Hans, morì nel 1816 dopo aver militato nelle campagne napoleoniche, per cui la madre si risposò e iniziò a lavorare come lavandaia, cadendo in seguito in dipendenze da alcol. 

Nel 1819, tre anni dopo la morte del padre, Andersen aveva 14 anni e decise di lasciare la realtà di provincia che rappresentava Odense in favore di Copenhagen, per trovare nuove opportunità. Per vivere, trovò lavoro come garzone di bottega e come operaio in una fabbrica di sigarette, ricevendo insulti e dispetti dai colleghi per via del suo aspetto fisico, per il carattere introverso e per le sue maniere effemminate – non è correlato a questo, ma è importante sapere che Andersen era omosessuale per capire poi le sue opere.

L’incontro con Giuseppe Siboni e l’esordio

Tutto cambiò grazie a Giuseppe Siboni, famoso tenore italiano e cantante al København Kongelige Teater, il teatro Reale della Capitale, che lo ammise alla Reale Scuola di Canto e Ballo del Kongelige Teater come soprano. Fu costretto, però, a lasciare presto questo ruolo per via del suo timbro di voce cambiato. 

Hans Christian Andersen

Fu poi accolto da Jonas Collin, consigliere e uomo molto importante nella Capitale, che gli fece conoscere il Re Federico VI di Danimarca in persona. Il sovrano, che si affezionò subito al ragazzo, lo iscrisse a sue spese alla scuola di grammatica e latino di Slegelse con un appannaggio annuale. Questa fu finalmente l’occasione di Hans per cominciare un vero e regolare corso di studi, che finì nel 1828 con grande successo. Ma, al pari dei suoi colleghi, i suoi compagni di corso lo prendevano in giro, perché secondo loro svogliato e introverso. Inoltre, mal reggeva alla rigida disciplina dei collegi. Comunque, dopo il diploma, sempre grazie a Collin fu ammesso alla Københavns Universitet, presso la facoltà di filosofia.

Finì gli studi a 30 anni, e la prima cosa che fece fu un lungo viaggio in Italia per pubblicare la sua prima opera: l’Improvvisatore. Fu questo l’inizio di una lunga carriera, e di un’assai ricca produzione di opere letterarie che andava dai romanzi alle biografie, dalle opere teatrali alle autobiografie, dalle satire agli articoli agli scritti di viaggio. E, ovviamente, alle fiabe, genere per cui è divenuto più famoso. Nel giro di 10 anni scrisse tutte le sue fiabe più celebri:

  • 1835: La principessa sul pisello (Princesse paa Ærten); L’Acciarino Magico (Fyrtǿiet)
  • 1836: Pollicina (Tommelise)
  • 1837: La Sirenetta (Den Lille Havfrue)
  • 1838: I vestiti nuovi dell’Imperatore (Keiserens nye Klæder)
  • 1845: Il brutto anatroccolo (Den Grimme Ælling); La Piccola fiammiferaia (Den lille Pige med svolvlstikkerne); Le scarpette rosse (De røde Skoe)
  • 1846: La regina delle Nevi (Sneedronningen)

Hans Christian Andersen in Europa e ultimi anni

Dopo aver conseguito notorietà in patria, nel 1840 inizia un vero e proprio tour europeo. Andò in Germania, ancora in Italia, a Malta, in Grecia e a Costantinopoli, tornando durante le rivolte balcaniche percorrendo il Danubio. Dopo la metà degli anni Quaranta, tornato stabile in Danimarca – dove aveva ancora non pochi problemi sociali – tornò al teatro, pubblicando nel 1844 la piece Il Re Sognatore (Kongen Drømmer) e, l’anno successivo, la commedia Il fiore della felicità (Lykkens blomst), commedia di ispirazione fiabesca. 

Nel 1847 andò in Inghilterra, nella quale fu accolto in modo davvero trionfale e dove poté incontrare molto esponenti letterari di spicco dell’ambiente inglese, tra cui lo stesso Charles Dickens, con il quale divenne molto amico e con cui mantenne un rapporto epistolare durato più di dieci anni, anche se non regolare. I due si rincontrarono nel 1857, sempre a Londra, e in quell’occasione il loro rapporto si fece più teso.

Andersen, conquistato anche il mercato inglese grazie all’editore Richard Bentley, pubblicò numerose altre opere, tra romanzi, saggi, fiabe, satire e via dicendo per tutta la vita. Nel 1871 uscì la sua autobiografia, La storia della mia vita, seguito della fiaba La fiaba della mia vita del 1855. In questo periodo, Andersen si fa conoscere anche oltreoceano, grazie allo scrittore ed editore newyorkese Horace Eliash Scudder, molto interessato all’autore. Il suo ultimo romanzo, invece è del 1870, e si chiama Peer fortunato.

Il successo e il prestigio e il successo, non dobbiamo pensare che fosse ricco. Infatti, viveva sempre in condizioni di semi-indigenza economica. Anche la sua casa a Copenhagen era nel quartiere Nyhavn, oggi il centro e con affitti costosissimi, ma all’epoca assai malfamato e dimora della parte più “bassa” della società. Tuttavia, la sua fama faceva sì che continuasse a ricevere sostegni economici da Danimarca, Stati Uniti e anche altri paesi europei.

Nel 1872 cadde dal letto, ferendosi molto e non riprendendosi mai del tutto. Morì 3 anni dopo. Il 4 agosto del 1875, nella sua casa di Copenhagen, conosciuta come Rolighed. Fu sepolto con grandi onori nel quartiere di Nørrebro, nel cimitero sito la chiesa dell’Assistenza .

Lo stile e la questione della lingua

Le fiabe di Andersen piacquero molto per la loro novità. Infatti, non si trovano quasi più gli elementi della fiaba classica: niente maghi, fate, streghe, e in lui cambia anche la lotta tra bene e male. Forte, invece, l’esempio di ispirazione favolistica, in cui gli animali sono rappresentanti della natura umana ma in versione parodistica, e spesso rappresentati come beffeggiatori dell’umanità stessa.

Le sue fiabe sono simili – anche se non uguali, e non è possibile parlare di legame diretto – a quelle di Esopo, Fedro e La Fontaine. Insomma, Andersen ha il merito di aver reinterpretato in chiave moderna la fiaba, con una commistione di generi e di ispirazioni. Tra l’altro, parlare di fiabe leggere non è sempre corretto, considerando che la presenza di morte e macabro sono molto presenti nelle sue opere ( e poi addolcite, se non tolte, da Disney e da altri adattamenti): pensiamo alla Sirenetta, che nella fiaba originale per sopravvivere deve accoltellare il principe, ma non lo fa e quindi muore; o a Scarpette rosse, alla cui protagonista vengono amputati i piedi. Opere espressione di un’angoscia interiore, e spesso espressione dell’impossibilità e della non conformità dell’autore alla società, autore che era omosessuale in una Danimarca molto più arretrata di quella odierna; autore che aveva modi femminei in una società maschilista e maschile; autore molto introverso in una società dove chi era introverso era mal visto.

Hans Christian Andersen è molto studiato anche in campo linguistico, per il suo aver dato slancio all’ammodernamento del danese, di fatto ponendo le basi per quella che poi sarà la codifica del danese moderno, parlato tuttora. Knud Ferlov ne sottolinea l’abilità di creare lo spirito del lune danese con un uso sapiente e spregiudicato della lingua; Elias Bredsdoff evidenzia come sia molto difficile capire pienamente Andersen in traduzione. Se oggi sono due lati positivi, in realtà propio la lingua di Andersen fu all’inizio ostacolo che impedì il riconoscimento della sua genialità all’estero. 

Infatti, in traduzione, oltre a non riuscire a cogliere per niente l’innovazione letteraria di questo grande autore, specialmente gli inglesi operarono delle “epurazioni” moralistiche dei suoi racconti e delle sue opere: ecco perché le prime traduzioni in inglese sono afflitte da incomprensioni linguistiche, e da veri propri errori che ci hanno consegnato “un altro Andersen” spesso diverso, se non opposto, all’originale. Un fatto non da poco, considerando che nella maggior parte dei casi le sue opere sono tradotte dal danese all’inglese, e poi dall’inglese a tutte le altre lingue. Per capire pienamente la sua opera, insomma, bisogna tradurre direttamente dal danese. 

Insomma, attenzione alla traduzione! Quando comprate, o leggete Andersen, meglio verificare che sia una traduzione recente, e che soprattutto sia fatta direttamente dal danese: solo così si può entrare (quasi) completamente nel mondo fantasioso, colorato ma assai macabro di questo splendido autore.

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