Visti Da Sud: la Germania di Tacito

Germania di Tacito

La Scandinavia è la regione più settentrionale d’Europa, una terra remota vicina a livello geografico ma per certi aspetti anche molto lontana. Lontanissima nelle epoche passate, specie se consideriamo che in antichità il centro economico e culturale d’Europa era proprio l’area mediterranea. Complice anche i processi di piccola glaciazione che l’hanno portata ad essere da luogo fertile a luogo ostile, dalla Scandinavia hanno cominciato a muoversi tante popolazioni diverse di stirpe soprattutto germanica o finnica e di stampo nomade, che cercavano nuove occasioni e nuove terre. È così, oltre che per le loro continue spedizioni militari in giro per il continente, che i Romani sono venuti a contatto con loro. Nata come De origine et situ Germanorum, la Germania di Tacito rappresenta una vera e propria opera di carattere etnografico, che riesce dare un’idea – prima di tutto ai Romani stessi, e poi a noi moderni – di come vivessero le antiche popolazioni germaniche, prima delle monarchie, prima ancora dei Vichinghi. Le popolazioni primitive che giornalmente scambiavano merci e schiavi con i Romani, e che progressivamente si sono stanziate, fino anche a entrare nell’esercito. Oltre al fatto che è da quest’opera che nasce ufficialmente la Filologia Germanica.

La Germania di Tacito non è un’opera minore!

Publio Cornelio Tacito sicuramente non è l’autore romano più famoso al di fuori degli “addetti ai lavori”, se paragonato soprattutto alla fama di Virgilio, Cesare, Orazio, Ovidio e Cicerone. Ma è sicuramente lo storico più importante della latinità classica, unitamente a Tito Livio, grazie soprattutto alla sua scrittura, al suo stile variopinto e squisitamente drammatico che riesce sempre a fornire una visione piena di sfumature e dettagli sulla Roma Imperiale. Autore di età traianea, Tacito è noto per due opere storiche di grossa portata: gli Annales, la più grande di tutte; e le Historiae. Grazie a queste opere noi siamo a conoscenza soprattutto della prima Roma Imperiale, e della scandalosa famiglia Giulio-Claudia.

Germania di Tacito
Papa Niccolò V

Tacito, come spesso succede, non ebbe morta fortuna, e anzi nel corso dei mille anni del Medioevo si perse quasi ogni traccia di lui, con i ritrovamenti di Annales e Historiae solamente nel primo umanesimo, e delle opere minori alla metà del XV Secolo. Ad ogni modo, comunque, abbiamo meno di un terzo di tutte le sue opere, che ad oggi si considerano perdute. La Germania di Tacito, comunque, fu una scoperta fonte di grande sorpresa. Se oggi possiamo leggerla, lo dobbiamo a Enoch-Alberto d’Ascoli, umanista di modesta famiglia, e a Papa Niccolò V, suo committente sempre alla ricerca di manoscritti antichi per la Biblioteca Vaticana. Il Papa infatti lo inviò in Germania e in Scandinavia, regioni nelle quali sperava di trovare il maggiore testo di Tito Livio. Ma Enoch ne tornò con molte opere minori dello storico Gallo-Romano del I secolo d.C.

Un’opera che oggi non viene più considerata minore, anche considerando l’importanza (sia positiva che negativa) che ha avuto nei secoli, e che ha contribuito a riabilitare definitivamente la figura di Tacito in età moderna, e al fenomeno del tacitismo. In tutte le opere dello scrittore è presente un forte pessimismo per quanto riguarda l’Impero Romano e il suo futuro. A differenza di Virgilio e Orazio, che hanno vissuto in età augustea e quindi sotto il regime di restaurazione di antichi valori e di prosperità voluto da Augusto, Tacito vive in un periodo di prosperità economica ma di decadenza morale. Si sono già susseguite le vicende che hanno visto al potere tutti i giulio-claudi, l’anno dei quattro imperatori, e la famiglia dei Flavii: tutti imperatori, eccetto Vespasiano e ovviamente Traiano, da lui considerati tiranni egoisti, artefici della corruzione e della decadenza dei costumi. Ma se questo pessimismo si traduce, nelle opere maggiorio, in asprissime critiche e in episodi tragici di grande valore, nella Germania di Tacito questo è un continuo paragonare la ricchezza sfrenata e gli eccessi dei Romani allo stile di vita barbaro ma puro dei Germani, con presagi neri per quanto riguarda il futuro politico dell’Impero.

Un’opera completa

Prima di Tacito, altri si erano impegnati nella produzione di opere sui Germani e sui loro usi e costumi: da Cesare, che però faceva confusione con i Celti, fino a Plinio Il Vecchio, entrambi fonti preziose per Tacito.. Del resto, i Germani sono sempre stati il vero nemico dell’Impero, gli unici, insieme ai Parti a Oriente (flagello poi dell’Impero Romano d’Oriente o Impero Bizantino) che non riuscirono mai ad assoggettare, anche se ci provarono continuamente. I (pochi) successi ottenuti nei loro confronti, tuttavia, non sono mai bastati ad espandere il Limes Romano oltre il Reno e il Danubio, con i tentativi che terminarono ufficialmente il 9 d.C. In quell’anno infatti si verificò la strage di Teutoburgo, uno dei più grandi fallimenti del primo Princeps di Roma, Augusto: in questo evento, che si tenne nelle fitte foreste tedesche che i Germani conoscevano molto bene, le legioni Romane furono letteralmente massacrate dalle tribù germaniche.

Biblioteca Vaticana

E questo avvenne dopo che i Barbari avevano già dato del filo da torcere secoli prima, quando addirittura le tribù di Cimbri e Teutoni fecero razzie nella Gallia Cisalpina, venendo ricacciati solo dall’abilità di Gaio Mario. Dopo Teutoburgo, comunque, i Romani non tentarono più di espandere il loro confine, ma si preoccuparono di fortificare quanto già c’era, e di proteggere la Gallia e l’odierna Germania Occidentale dalle incursioni. È naturale, quindi, che l’élite culturale sviluppasse un notevole interesse verso queste popolazioni che nella loro barbarie, nel loro nomadismo, nella loro assenza di cultura, riuscivano a dare del filo da torcere ai Romani in modo più grave di Imperi e di popolazioni ben affermate.

Ai tempi dei Romani, la Germania e soprattutto la Scandinavia apparivano come luoghi decisamente esotici. Ancora più esotici apparivano i Germani stessi: altissimi, muscolosi, con barbe e capelli lunghi, erano considerati (e descritti) come dei giganti rozzi ma puri, motivo per l’autore gallico della loro superiorità sui Romani. Tutta la Germania di Tacito, come si diceva, è un continuo confronto tra Romani e Germani. Dopo un’iniziale descrizione di “dove è chi”, con quindi una suddivisione geografica dell’Europa (Tacito divide nettamente, primo tra gli autori, i Germani da Daci, Rezi e Pannoni; e i Germani tra loro) e una divisione delle tribù germaniche. Fa anche un’acuta descrizione del territorio della Germania, che se per Plinio soprattutto appariva esotico a livello positivo, nel senso che era descritto come luogo mistico e tutto da scoprire, per Tacito è invece un territorio inospitale, ostile, che appunto “solo ai Germani può piacere”. Tacito poi si sofferma su di loro: descrive la loro vita, il loro senso di lealtà e di battaglia, il loro totale rifiuto delle ricchezze e degli ornamenti, il loro rifiuto a mischiarsi con altre genti; il rifiuto dell’immoralità, che ovviamente invece fanno sempre più gola ai Romani, seduti sulle loro conquiste e ormai svogliati e viziati. Fa anche un’acuta descrizione della loro religione e delle loro superstizioni, il loro uso delle armi, più rudi e rozze rispetto a quelle romane, ma tremendamente efficaci. Non dimentica tuttavia i loro difetti, che secondo lui sono il motivo principale per cui l’Impero non è ancora caduto: la totale dipendenza dall’alcol, la tendenza a risolvere le questioni in risse, e la rivalità e litigiosità tra i gruppi sono, secondo quanto si trova scritto nella Germania di Tacito, il motivo principale per cui l’Impero non è ancora caduto. Ed è proprio nel mantenimento di queste caratteristiche negative ciò in cui Tacito spera per la sopravvivenza di Roma e del suo potere.

Dalla filologia al Nazismo

L’opera di Tacito è quindi importantissima sotto diversi aspetti. Prima di tutto a livello letterario, come espressione tra le migliori dello stile e della poetica tacitiana. In secondo luogo, a livello storico, perché è tra le pochissime fonti che riguardano la vita e gli usi delle popolazioni germaniche prima dei Vichinghi e in epoca romana. Anzi,  Proprio questa importanza ha acceso in epoca umanistica e moderna l’interesse per la lingua e l’antichità delle popolazioni germaniche, facendo nascere poi la filologia germanica, che ha portato alla scoperta dell’evoluzione delle lingue germaniche, e della loro suddivisione in lingue germaniche occidentali, orientali e settentrionali: proprio di quest’ultimo gruppo fanno parte le lingue scandinave (danese, svedese, norvegese, faroese e islandese), che più di tutte conservano ancora tantissimi aspetti arcaici avendo avuto scarso prestigio e poca evoluzione nel corso dei secoli.

Ma la Germania di Tacito ha avuto anche conseguenze spiacevoli, certamente non volute dall’autore, estraneo del resto ai concetti di nazionalismo e nazionalità. La purezza delle popolazioni germaniche e la loro scarsa propensione a mescolarsi con altre popolazioni ha, in epoca nazista alimentato il mito della razza ariana, ed è proprio all’autore latino che i Nazisti si rifacevano per giustificare le loro idee malsane, gettando ombre immeritate su un’opera invece così fondamentale. Ovviamente, la Germania di Tacito non vuole essere nulla di tutto ciò, primo perché se è vero che Tacito esalta le virtù dei Germani,  è ancor più vero per tutta l’opera comunque si sente un certo disprezzo nei loro confronti, e un senso di superiorità culturale dei Romani sui Germani. Ecco perché, la Germania di Tacito è e rimane un’opera al di fuori dei concetti moderni di nazionalismo e Nazione, fungendo da piccolo, ma fondamentale (e fenomenale) opuscolo da cui partire per conoscere le misteriose radici dei Germani e degli Scandinavi, le loro usanze e le loro credenze.

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