Streaming Spotify: così la Svezia ha di nuovo rivoluzionato la musica

Streaming Spotify

Svezia e Musica: due termini che non potrebbero andare più d’accordo. Dal secondo dopoguerra, infatti, la più grande delle Nazioni scandinave ha scoperto, lei per prima, la sua forte vocazione musicale, che ha dato luogo ad alcuni dei gruppi e dei cantanti più famosi del mondo (come gli ABBA, che hanno letteralmente rivoluzionato il POP). La Svezia continua a voler innovare nella musica, non solo con una nuova e variopinta generazione di cantanti (Zara Larsson, Tove Lo), ma anche e sopratutto con lo Streaming Spotify: è svedese infatti il servizio che ha rivoluzionato e, per certi aspetti, salvato l’industria musicale.

Fondato il 23 Aprile 2006 a Stoccolma, dove tuttora ha la sua sede, Spotify è un servizio musicale di streaming on demand (anticipatore del decennio che ha visto l’esplosione dello streaming in ogni forma) di una grande selezione di brani di case discografiche, dalle più grandi a quelle indipendenti: nel suo Storage illimitato infatti ci sono tutti i brani prodotti da Warner Music, Sony Music, Universal EMI e via dicendo.

Ufficialmente, lo streaming Spotify è stato lanciato nel 2008 e in dieci anni è arrivato a 70 milioni di abbonati (gennaio 2018). Non servono spiegazioni sul suo funzionamento: è infatti disponibile in quasi tutta Europa, nelle Americhe, in Australia e in Nuova Zelanda, e prevede una frazione gratuita (con pubblicità) e diversi piani a pagamento (studenti, famiglia, ecc.). Funziona con tutti i maggiori sistemi operativi, sia come web streaming Spotify sia come applicazione per Android, iOS, Windows 10, MacOS, Chrome OS, e Linux, e anche su PlayStation e Xbox One.

Lo streaming Spotify è altamente personalizzabile, e funziona anche come social network: è possibile infatti seguire dei profili ed essere seguiti, sfruttando la propria abilità e la propria passione a creare playlist accattivanti e coerenti, eclettiche, o classiche, in grado di far scoprire agli altri utenti qualcosa di nuovo. Spotify agglomera qualsiasi tipo di musica, da quella pop moderna e più blasonata, a quella classica, fino alle corali ed orchestrali, sempre apprezzate anche se molto di nicchia. Insomma, lo streaming Spotify è davvero in grado di accontentare chiunque, il quale può visualizzare la musica per artista, per album, per genere, per etichetta, finanche alle ricerche dirette.

La storia dello streaming Spotify

Si può dire che lo streaming Spotify sia il primo servizio di streaming legale di successo, che nasce per porre un freno alla tendenza di quegli anni, ovvero il download della musica in modo illegale tramite piattaforme come E-Mule, Torrent e altre che permettevano di avere file mp3 convertendo link di YouTube. L’idea viene da Daniel Ek, imprenditore svedese con esperienza in Stardoll, e Martin Lorentzon, già fondatore Tradedoubler. Spotify è oggi parte della Spotify Ltd di Londra, anche se Stoccolma rimane la sede di Spotify AB, ovvero dove avvengono la ricerca e lo sviluppo dell’azienda.

Streaming Spotify

Una storia non sempre rosea: per esempio, pochi mesi dopo il lancio ufficiale dello streaming Spotofy, nel 2008, l’azienda riportò perdite per 4,4 milioni di dollari; nel 2010 Symantec, celebre antivirus, lo etichettò come Trojan Horse, uno dei più pericolosi virus informatici, disabilitandolo in milioni di computer; nel Marzo del 2011 l’azienda dovette sospendere la pubblicità da fonti esterne a causa di attacchi sfruttanti la vulnerabilità di Java. Tutti difetti, più o meno gravi, che hanno rafforzato lo streaming Spotify, sia nell’architettura sia anche per quanto riguarda il servizio.

Lo streaming Spotify, infatti, non nasce per essere gratuito. I primi passi per la fruizione gratuita venendo presi nel 2009, e fu il Regno Unito il primo paese ad avere la registrazione gratuita. Dopo avere inizialmente i piani Base e Premio, nel 2010 arrivarono anche Unlimited (versione Premium solo per PC) e Open, versione ridotta di Spotify Free che consentiva 20 ore di streaming Spotify al mese. La limitazione oraria dello streaming nelle versioni gratuite è stata rimossa nel 2014, mentre 3 o 4 anni fa è stata rimossa la sola funzione shuffle sempre nelle stesse versioni, anche se è aumentata la pubblicità.

Perché Spotify ha rivoluzionato il mercato?

Lo streaming Spotify nasce in un mondo nel pieno della sua rivoluzione digitale, e in un mondo musicale in piena crisi. Ma nasce anche per offrire una possibilità opposta rispetto ad iTunes, piattaforma di Apple fino ad allora privo di versioni gratuite e che consentiva unicamente di comprare singoli e album, e che dominava il mercato. Lo streaming Spotify ha quindi preso spunto dalla pirateria, ribaltandola e prendendo accordi con le case discografiche, ottenendo un successo senza pari. E non a caso sono nati tutti i competitor, nessuno con lo stesso successo: alcuni, come Groove Music di Microsoft e Play Music di Google, sono stati fallimentari e chiusi; altri, come Apple Music, godono della nicchia dei possessori di prodotti della stessa azienda; altri ancora, come Prime Music, sono parte di un servizio più grande.

Streaming Spotify

Ma la rivoluzione è stata ancora più grande: lo streaming Spotify ha infatti salvato un’industria che non si sosteneva più solo coi CD, che erano sempre meno venduti; proprio questa sua “opera” ha fatto sì che oggi le classifiche non tengano più conto solo del numero di album venduti, ma anche del numero di riproduzioni streaming Spotify, per decretare il successo soprattutto del singolo. E proprio quest’ultimo ne esce vincente, il vero protagonista musicale: se prima infatti la casa discografica puntava tutto sull’album, mentre il singolo veniva spinto in Radio e coi video musicali, ora è il contrario, al punto che molto spesso gli artisti rilasciano singoli non destinati a nessun album, o inclusi in album di raccolta solo molti anni dopo.

Lo streaming Spotify non è esente da critiche. Se da una parte viene lodato perché ha portato a scoprire nuovi talenti, è sempre stato criticato per i compensi troppo bassi degli artisti. Le polemiche vengono soprattutto da Tom York, dei Radiohead (che ormai se ne è fatto una ragione), e da Prince, che fino alla sua morte si è sempre rifiutato di dare consenso alla riproduzione streaming Spotify dei suoi brani, oggi possibile per colpa o per merito dei suoi eredi.

Altre critiche riguardano l’algoritmo, che viene giudicato passivo nella selezione automatica delle canzoni, spesso poco coerenti e incongruenti tra loro e soprattutto fatto per privilegiare canzoni già famose.

Fondate o no, è indubbio il successo dello streaming Spotify e il modo in cui ha cambiato un mondo. Chissà se rimarrà sulla cresta dell’onda anche nel decennio 2020-2030 o se invece non saprà adeguarsi.

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