Le Isole Faroe, quella potenza musicale

Musica isole faroe

Alzi la mano chi conosce un cantante faroese? Probabilmente in pochi l’avranno fatto, eppure la musica delle Isole Faroe sta rendendo l’arcipelago una vera e propria potenza musicale, che nulla ha da invidiare a ciò che arriva dal resto della Scandinavia, Svezia in primis; ma anche da Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Un esempio recente su questo sito è Eyði Horsdal, il cui album di debutto “Songs with Eva” ha reso le Faroe un vero Eden.

Oppure, ancor più famoso per la sua vicinanza al kpop, Reiley (qui l’articolo), il primo nella storia a partecipare all’Eurovision come rappresentante della sua madrepatria, la Danimarca. Tanto successo, di recente, nonostante le dimensioni minuscole, meno abitanti di Mantova (che ne ha 50.000), qualche locale e una sola casa discografica.

“Faroe Islands are a singing nation”

Dice Marius Ziska, uno dei talenti emergenti sulla scena internazionale la cui nostra intervista uscirà a breve, che Faroe Islands are a singing nation“, ovvero le isole Faroe sono una nazione cantante. Questo perché ha ammesso che tutti i suoi conoscenti suonano uno strumento, sia anche un’abilità nel canto. Insomma, la musica è radicata nella cultura faroese, e lo dimostra anche quella che è fondamentalmente l’unica scuola di musica che conta 2000 studenti. Lo dice Kristian Blak, gestore della Tutl (la sopracitata etichetta), e non è male per una popolazione così bassa. Ma parole simili a quelle di Ziska le ha dette anche Heini Djurhuus, bassista 24enne degli Iron Lungs (un gruppo metal): “È raro incontrare qualcuno che non suoni uno strumento”.

L’artista più famosa è Eivør, 33enne il cui debutto è avvenuto a 16 anni, e la sua carriera l’ha resa molto famosa in patria e in Islanda (con cui le Faroe condividono la lingua antica, eredità norvegese, e la lunga dominazione danese, ancora in corso nell’arcipelago); e anche piuttosto popolare in Danimarca. E come Ziska, anche con una buona base negli Stati Uniti e nel Regno Unito, tanto da vantare la propria musica come parte della soundtrack di Viking – The Last Kingdom, saga della BBC.


Secondo Eivør, il numero dei musicisti si deve ai paesaggi e al tempo. “Gli artisti tendono ad apprezzare questo tipo di posto perché ha così tante dinamiche. Abbiamo questo paesaggio pazzesco e il tempo può cambiare da un giorno all’altro. E la luce è molto brillante e l’oscurità è molto scura, ei contrasti sono grandi. Penso che questo ispiri artisti e musicisti a creare” ha dichiarato al Guardian.

Evolvere in fretta

La musica faroese è un unicum storico, perché è l’unica proveniente da un luogo particolarmente remoto (a metà tra Scozia, Islanda e Norvegia) ma di grande successo. Basti pensare che fino al 1860 nessuno strumento musicale era conosciuto nell’arcipelago: da una parte la loro lontananza impediva loro di conoscere le novit; dall’altra la Danimarca fino al 1854 aveva il monopolio sul commercio, e agli abitanti era vietato possedere delle proprie navi e commerciare con altre nazioni.

Per questo, l’unico accompagnamento alla voce conosciuto era il battito dei piedi, e questo ha permesso la sopravvivenza delle antiche tradizioni faroesi, anche nell’attuale musica mainstream.

La musica tradizionale delle Isole Faroe comprende racconti antichi e ballate (alcune hanno fino a 200 strofe), e i testi sono da sempre tramandati oralmente con ballo a catena. Ne è un esempio la raccolta “Traditional Music in the Faroe Islands 1950-1999“, che tra gli altri comprende questo testo:

La sorella di Viljorm, Kristin, ha un figlio da lui e gli consiglia di trovarsi una moglie. Gli dice di fare la proposta alla figlia del re di Girtland. Viljorm salpa per Girtland e chiede al re la mano di sua figlia. Riceve una risposta offensiva. Il re sbarra la porta della sua sala e i suoi uomini attaccano Viljorm, che viene ucciso“.

Oltre a questo ci sono anche gli skjaldur, ninna nanne dalle radici fiabesche pre-cristiane. E gli inni, i Kingosálmar o Kingohymns (il nome deriva però dal danese Thomas Kingo, che pubblicò una raccolta di inni nel 1699).

C’è di più. Come racconta Kári Sverrisson, tra coloro che hanno realizzato la citata raccolta, le canzoni tradizionali variano molto da isola a isola, e da villaggio a villaggio. In un arcipelago è normale, perché le singole isole prima dell’avvento delle strade e delle auto erano a loro volta isolate, penalizzate da un territorio aspro e collinare, e dal mare mosso e sempre impetuoso che limitava i viaggi in barca. I registratori sul campo che hanno iniziato a compilare le ballate faroesi negli anni ’50 scoprirono che si potevano trovare melodie diverse per la stessa canzone anche nello stesso villaggio.

La quasi scomparsa degli inni è molto recente: negli anni Cinquanta del 900 erano ancora quotidiani; 20 anni dopo, negli anni Settanta, erano usati ai funerali. Oggi sono quasi scomparsi, ma la ballata resta viva, tanto che la Nordic House della capitale Tórshavn ospita di frequente sessioni di ballate con balli a catena per bambini, e sono queste ballate che i faroesi imparano da bambini a dare vita alla moderna musica faroese.

Non facciamoci ingannare

Intendiamoci, i faroesi in arte non vanno in giro con i costumi tradizionale dell’arcipelago. E le sonorità odierne sono molto diverse. Lo dimostra l’elettropop ispirato alla Corea di Reiley, ma anche quello vivace di Sakaris, fino al mainstream di Konni Kass, al pop-rock di Lione, e ancora Jógvan, secondo classificato a X Factor Denmark 2015, e artisti techno, metal e country.


A contraddistinguere tutti, l’entusiasmo. Tutti sono parte del loro pubblico, e il pubblico è parte della musica. Ed è questo ciò che distingue davvero la musica faroese dal resto del mondo: atteggiamento da “sagra di paese” (senza senso dispregiativo), ma quasi sempre qualità da produzione internazionale.

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