La Scandinavia, regione più fredda d’Europa, è per ovvi motivi molto legata al Natale. Per queste regioni, il periodo oggi natalizio è sempre stato ricolmo di significato, e infatti le tradizioni, come abbiamo visto per Santa Lucia, sono ancora fortemente intrise degli antichi usi pagani. Ne sono un esempio queste Leggende Scandinave sul Natale, che sono utilissime non solo per addentrarsi in un’atmosfera magica, ma anche per cogliere il rapporto tra gli Scandinavi e il loro ambiente, un ambiente spesso ostile, difficile e violento.
Dal Babbo Natale Danese, allo spirito dell’Acqua, fino al crudele Joulupukki finlandese e ai dispettosi 13 babbi Natale d’Islanda, ecco alcune Leggende Scandinave, speriamo, affascinanti, per iniziare, o concludere, al meglio il periodo più incantato dell’anno!
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Leggende Scandinave: Il mito di Julemanden, il Babbo Natale danese
Allieta la Danimarca, e si allieta con il risengrød, il tipico budino di riso consumato dai danesi come dolce natalizio. È un vecchio, con una barba lunga e bianca, una grossa pancia ed è vestito di rosso. E, naturalmente, porta sempre con sé un grosso sacco in spalla pieno di regali per tutti i bambini. Descritto così, Julemanden, il Babbo Natale danese, non è diverso dal Babbo Natale che tutti conosciamo. Questo perché lui stesso ha influenzato la leggenda di Babbo Natale oggi diffusa in tutto il mondo.
Ma il Babbo Natale dei danesi ha delle peculiarità uniche, che lo distinguono dalle leggende del resto d’Europa. E i danesi ci sono così affezionati, che lo appendono sui loro alberi insieme alle bandierine della Danimarca, oppure sopra i caminetti o i tavolini, come decorazione natalizia.
Il nome “Julemanden” è una parola composta da “Jul” (“Natale”) e “Manden” (“L’uomo”): L’uomo del Natale. A differenza del Babbo Natale più blasonato, non viene dalla Lapponia ma rimane all’interno del territorio danese: infatti, Julemanden viene dalla Groenlandia, terra di renne, e ama il risengrød e la cannella.
Insieme a lui ci sono i Nisse, degli elfi che si comportano come api operaie e che in questo periodo dell’anno si occupano di smistare le lettere, di costruire giocattoli in legno, e di impacchettare i regali. Chiunque vada in Groenlandia in questo periodo, e parli ai locali di Julemanden, si sentirà dire da loro che l’uomo è sempre felice di aprire casa sua a chi lo cerca, anche solo per esprimere un desiderio.
L’origine di Julemanden deriva dalla leggenda di San Nicola, molto popolare in Danimarca come in molti altri paesi d’Europa, tra cui in Italia. Tuttavia, in Danimarca, in seguito alla conversione al luteranesimo, alle persone fu proibito di credere ai santi. Come spesso succede in casi di imposizione dome questa, la Chiesa di Danimarca non poteva estirpare la figura di San Nicola dalle menti dei danesi, motivo per cui ha introdotto Julemanden, una figura simile al Santo, ma priva del cappello di vescovo.
Ma non è carino lasciare Julemanden senza qualcosa da mangiare, quando arriva a consegnarci i regali. Per i danesi, e in generale per tutti gli scandinavi, il giorno più importante e più festeggiato è quello della vigilia, dove si organizzano le cene e dove si aspetta il suo arrivo.
Quando entra nelle case, Julemanden vedrà per lui una ciottola di risengrød, il budino di riso di cui lui (e i danesi) va matto, la speciale juleøl, la birra di Natale che ogni birrificio del Paese produce in questo periodo e, volendo, può anche “rubare” qualche biscotto alla cannella appeso all’albero di Natale.
Oltre a lasciare i regali, Julemanden decora l’abete dei danesi con una ghirlanda interamente coperta di bandiere della Danimarca, mentre i suoi Nisse danzano intorno all’albero mentre cantano brani natalizi.
Il giorno di Natale, invece, lo julefrokost (Pranzo di Natale) dei danesi prevede arrosto di maiale, cavolo rosso e una salsa di salmone e aringhe, il tutto accompagnato dalla birra natalizia. Come antipasto, non è raro (anzi!) avere gli smørrebrød, i tipici toast aperti farciti con qualsiasi cosa.
La Leggenda Norvegese dello Spirito dell’acqua
Si narra che nelle foreste della Norvegia viva una stupenda Troll, con vestito bianco e lunghi capelli biondi, il cui nome è Hulda. La troll è uno spirito dell’acqua, che rimane spesso intrappolata sotto uno spesso strato di ghiaccio quando, nel lungo inverno norvegese, l’acqua si ghiaccia completamente.
Un giorno di Natale, un pescatore decise di portare a Hulda un dolce ma, poiché non trovava il lago dove Hulda viveva e non voleva lasciare il dolce sulla superficie, decise di fare un foro nel ghiaccio, usando il suo piccone.
Il ghiaccio, però, era veramente duro e il pescatore ottenne solamente un piccolo foro. Mentre cercava una soluzione, dal foro uscì una piccolissima manina bianca, che prese il dolce. Quest’ultimo, come per magia, si rimpicciolì, riuscendo a passare dentro il buco.
Da quel momento, ogni Natale si usa portare allo spirito dell’acqua dei dolcetti piccoli piccoli, in grado di passare attraverso qualsiasi foro nel ghiaccio.
Leggende Scandinave: Joulupukki, l’antico “Babbo Natale” Finlandese
Una delle più macabre, tra le Leggende Scandinave sul Natale! Che Babbo Natale provenga dal Nord Europa lo sappiamo tutti. Ma non tutti sanno che prima di essere un allegro e generoso vecchio, panzuto, barbuto e vestito si rosso, era una sorta di demone molto poco simpatico: Joulupukki (“Babbo Natale”, più o meno, in finlandese). Un demone che premiava, certo, i bambini buoni, ma con quelli cattivi non si limitava al carbone.
È credenza comune che Babbo Natale, il caro nonnino che si diverte a portare i regali volando su una slitta trainata da renne, abbia la sua fabbrica di giocattoli a Korvantunturi, nel Nord della Finlandia. Ma in questa località viveva, in antichità, Joulupukki, un Babbo Natale molto meno generoso.
La leggenda vuole che discendesse da caproni, che trainavano il carro del dio Thor. Joulupukki era quindi mezzo umano e mezza capra. Come il Babbo Natale odierno, tendeva a distinguere i bambini buoni da quelli cattivi anche se in modo più estremo. Joulupukki non si muoveva su una slitta per il globo, ma girava per la Finlandia e bussava alle porte.
Se gli apriva un bambino buono, gli dava un dono. Mentre quelli cattivi venivano da lui frustati e rapiti. Con il tempo, grazie al cristianesimo e all’arrivo di una società un po’ più attenta all’infanzia, Joulupuki ha seguito un corso di terapia per sfogare meglio la sua rabbia, ha perso le corna e ha assunto un aspetto più simpatico, mantenendo però la sua caratteristica “di capra” per via delle capre che trainavano la slitta, capre poi divenute renne.
Jólasveinar, i “Babbo Natale” d’Islanda
L’Islanda è una terra molto particolare, la cui cultura è letteralmente unica nel suo genere. Sono particolari e diversi anche tra gli stessi scandinavi. Una cultura così diversa, che hanno leggende proprie anche per quanto riguarda il Natale. Certo, la globalizzazione pian piano è arrivata a colpire anche la remota e vulcanica isola artica, ma non ha ancora intaccato i Jólasveinar, gli “amici del Natale” dei bambini islandesi (Da “Jól”, che in islandese significa “Natale”, e “veinar”, “amici”).
Secondo la leggenda, i Jólasveinar sono 13 e vivono sui monti nei pressi di Reykjavík insieme ai loro genitori, Gryla e Leppaludi, che sono due orchi. Il loro aspetto, non a caso, è a metà tra un elfo e un orco. Gryla, la loro madre, è molto grande e particolarmente spaventosa, e si dice sia ghiotta della carne dei bambini cattivi.
Leppaludi, che è il loro padre, è pigro e magro. Tutti, comunque, vivono in una grotta insieme a un gatto nero gigante, anch’esso particolarmente ghiotto di bambini cattivi. Se oggi i Jólasveinar, al pari del Babbo Natale finlandese, sono descritti come miti e si limitano a donare dolcetti nelle scarpe dei bambini buoni, o patate marce e altre cose disgustose a quelli cattivi, una volta era molto diverso.
I Jólasveinar infatti erano descritti in maniera simile ai loro genitori, figure particolarmente temute dai bambini islandesi. Il loro arrivo di solito è intorno al 12 dicembre, quando uno alla volta scendono dalla montagna per fare i dispetti alle persone. Ognuno dei 13 Jólasveinar ha una particolarità, ma tutti sono particolarmente dispettosi.
Il 12 dicembre scende il primo, Stekkjastaur, facile da ricordare e da riconoscere per le sue gambe di legno, e dispettoso soprattutto nei confronti delle pecore. Per cui, va lasciato perdere, in quanto alla fine appare come un vecchio strambo che si diverte a correre dietro a quelle povere bestie (molto diffuse in Islanda).
Il 13 dicembre arriva Giljagaur, un po’ più sobrio del fratello. Lui, infatti, si nasconde aspettando il momento adatto per entrare nelle stalle e rubare il latte fresco. Un ladro, senza se e senza ma.
Il 14, invece, scende Stúfur. Lui ha una particolare passione per le stoviglie sporche: nel senso che si intrufola nelle case degli islandesi, rubando le padelle usate per leccare i residui di cibo rimasti su di esse.
Il 15 dicembre scende Þvörusleikir. Matto come Stekkjastaur, magro, malnutrito, anche lui si intrufola nelle case delle persone. Ma al contrario di Stúfur, non ruba le pentole, ma i cucchiai di legno sporchi – anche in questo caso per leccarli.
Il 16 è il turno di Pottaskefill. Questo Jolasveinur è particolarmente subdolo: infatti, quando i genitori, a fine cena, danno come premio al loro figlio l’ultima porzione rimasta della cena, improvvisamente Pottaskefill bussa alla porta. Il bimbo, ignaro, apre, ma non appena lo fa, ecco che Pottaskefill irrompe in casa e ruba la pentola con gli avanzi!
Il 17 arriva Askasleikir, che si nasconde sotto il letto e aspetta che a terra venga appoggiata la askur, una ciottola che in passato gli islandesi lasciavano ai piedi del letto con gli avanzi per gli animali domestici. Ecco, Askasleikir punta proprio a questi avanzi.
Il 18 dicembre compare Hurðaskellir, uno dei più fastidiosi. Non ruba niente, in quanto la sua passione è quella di sbattere le porte tutta la notte.
Dopo di lui, il 19, dalla montagna scende Skyrgámur. Grosso, burbero e particolarmente ghiotto dello skyr, un formaggio islandese. Invece di comprarlo, come ci si aspetterebbe, Skyrgámur si intrufola in cantina per cercare la botte dove lo si conserva e, quando la trova, ne mangia il più possibile, fino a scoppiare.
Il 20 dicembre arriva Bjúgnakrækir, che al formaggio preferisce le salsicce. Anche lui naturalmente non le compra, ma ruba quelle che tradizionalmente gli islandesi appendono nelle case.
Il 21 dicembre è il turno di Gluggagægir, un altro ladro, ma meno discreto dei fratelli. Lui, infatti, si piazza fuori dalla finestra e spia all’interno per vedere se ci sono oggetti, che poi ruberà successivamente.
Il 22 compare Gáttaþefur, che si riconosce per il suo naso enorme che gli serve per sniffare le porte delle case per percepire se c’è pane appena sfornato, che li adora. È scontato che se lo sente, poi lo ruberà per mangiarselo.
Il 23 dicembre è il turno di Ketrókur, che al pane preferisce la carne affumicata. Di solito la ruba dalle dispense, con un lungo uncino che fa passare dal camino.
Infine, la vigilia di Natale, il 24, arriva Kertasníkir, l’ultimo di questi teppistelli. Come tutti è affascinato da qualcosa, lui dalle luci delle candele. Per questo, segue i bambini che giocano la sera aspettando il momento più opportuno per rubarle. Siccome un tempo, in Islanda, le candele non erano fatte con la cera d’api ma con il grasso di qualche animale (e quindi commestibili), lui dopo averle rubate… sì, se le mangiava!
La leggenda, infine, vuole che dopo la loro comparsa i 13 Jólasveinar passino la notte di Natale a guardare da lontano le luci della città, tornando, uno alla volta, nella loro grotta. No, senza alcun tipo di rimorso o pentimento per le loro scorrerie.
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