Borgen è la serie che mostra una Danimarca scandalosa

In originale è semplicemente “Borgen”, mentre in italiano, come di consueto, è stato aggiunto un altro titolo, ed è nota come “Borgen – Il Potere”. Si tratta fortunatamente di un’aggiunta sensata per la serie TV danese creata da Adam Price e prodotta da DR, e che racconta le vicende di Birgitte Nyborg, la fittizia (ma ispirata alla vera) prima donna Primo Ministro del Regno di Margrete II, impegnata quotidianamente in questioni politiche più o meno gravi e soprattutto a difendersi dagli altri partiti e dai media, sempre in cerca di metterla in cattiva luce, far cadere il governo e raggiungere il potere.

Nel 2022, dopo 10 anni di assenza, Birgitte Nyborg, Katrine e numerosi altri personaggi tornano in scena grazie a Netflix che ha lavorato insieme a DR per dare vita a una nuova stagione della serie, in Italia posta come nuovo inizio e intitolata “Borgen – Potere e Gloria”. Con nuovi personaggi e Birgitte che torna al centro della scena, Borgen si riconferma una serie ideale per capire le dinamiche della Danimarca, in questo caso il suo rapporto con la Groenlandia, ma anche il clima e una parte emozionale più matura.

Per capire la nuova serie Netflix bisogna ovviamente aver visto le precedenti tre stagioni, delle quali l’ultima è la più debole e motivo per cui DR aveva deciso di interrompere la produzione: ma fidatevi che è un recupero veloce e piacevole, e proietta facilmente nella nuova produzione migliorata in fotografia, dialoghi e anche con una maggiore attenzione alle tematiche d’attualità.

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Borgen – Il Potere di un Palazzo

La serie TV danese fa il suo debutto in madrepatria e in Europa nel 2010, e viene trasmessa per 3 stagioni fino al 2013 venendo poi chiusa. In Italia e nel resto del mondo è salita alla ribalta nell’ultimo periodo: Netflix, infatti, ne ha acquisito i diritti e ha avviato la produzione di una quarta stagione, secondo il suo consueto modus operandi di prendere serie TV chiuse ma care agli spettatori, e ridare loro vita, a volte con successo (SKAM Italia) a volte con meno successo (Gilmore Girls). Per questo, è bene approfittare del periodo per arrivare pronti al debutto della quarta stagione, e prima interamente Netflix, in arrivo nel prossimo anno sicuramente con qualche ritardo dovuto alla pandemia di Covid-19.

Borgen - Il Potere

Il nome Borgen ha in Danimarca un significato ben preciso, e tutti capiscono subito di cosa si parla: è, infatti, come i danesi si riferiscono a Christiansborg Slot, il palazzo barocco in pieno centro a Copenhagen un tempo dimora reale, e oggi sede del Parlamento (alcune stanze, però, sono ancora proprietà della Famiglia Reale danese e sono quelle visitabili dal pubblico). Borgen è quindi li centro nevralgico del potere in tutta la Danimarca, comprese anche la Groenlandia e le isole Fær Øer, i cui primi ministri si relazionano continuamente con il Primo Ministro Danese.

Christiansborg Slot, a Copenhagen, è Borgen, “Il Palazzo”, principale ambientazione della serie Foto di proprietà del sito NØGLEN

Birgitte Nyborg

Protagonista di questo ottimo prodotto televisivo è Birgitte Nyborg, interpretata da Sidse Babett Knudsen. Giovane donna, madre di due bambini, sposata che deve fare i conti con la sua elezione, da tutti inaspettata, a Primo Ministro della Danimarca. Birgitte, infatti, è a capo di un partito politico in forte minoranza, quello dei Moderati. Tuttavia, proprio all’inizio della serie due scandali coinvolgono rispettivamente i due esponenti dei Partiti politici più grossi della Danimarca:

  • Lars Hesselboe, leader dei liberali e Primo Ministro uscente coinvolto in uno scandalo finanziario;
  • Michael Laugesen, Leader dei Laburisti, allontanato dalla sua coalizione per le dichiarazioni xenofobe.

Borgen - Il Potere

Birgitte riesce con fatica a creare la sua coalizione di governo, dando fin da subito prova di un personaggio ben costruito, forte, e con un carattere invidiabile. E questo non senza debolezze: soprattutto dalla metà della prima stagione, e nella seconda (molto più “oscura” rispetto alla prima), la Nyborg deve fare i conti con una serie di vicissitudini personali che mettono alla prova la sua stabilità emotiva anche a livello lavorativo. Ma Birgitte ha dalla sua una grande capacità oratoria, maturità e lealtà anche verso i suoi avversari più accaniti, e un’indole gentile e generosa.

Come è detto, Birgitte è anche sposata: suo marito è infatti Philip Christensen, un Professore universitario che diventa “papà a tempo pieno” quando la moglie viene eletta Primo ministro. Un altro punto molto importante, che affronta il tema piuttosto ostico di avere una donna, e non un uomo, in casa ad avere una posizione lavorativa considerata socialmente più importante – e a ragione, considerando che si tratta della massima carica della Danimarca.

Borgen - Il Potere

In tutto questo, Birgitte non si dimostra mai né ipocrita né condizionabile. Come membro dei moderati, infatti, Birgitte appartiene a quella minoranza danese repubblicana. Un sentimento a cui mostra di credere anche appena eletta, quando, ad Amalienborg (la residenza della regina Margrete, che nella serie viene solo nominata e mai mostrata), è quasi scocciata e frettolosa nel dover sottostare alla funzione, puramente simbolica, del Sovrano che nomina il Primo Ministro eletto dal Popolo (più o meno come avviene in Inghilterra).

La figura, e molta della storia di Birgitte Nyborg si ispirano alla vera prima donna ad aver ricoperto il ruolo di Primo Ministro in Danimarca, e con anche una sorta di funzione premonitrice: Helle Thorning-Schmidt, infatti, viene eletta solamente un anno dopo il debutto della serie, anche lei parte di un partito di minoranza e trovatasi ad affrontare una vita stravolta in seguito all’elezione. Anche l’attuale Primo Ministro danese è una donna: Mette Frederiksen.

Il ritorno in scena

Nella quarta stagione, o nella prima della riedizione se vogliamo distinguere, Birgitte è ancora al centro del mondo politico, non più come Primo Ministro (che è sempre una donna, il cui atteggiamento negativo è forse una critica a Mette Frederiksen) ma come Ministro per gli Affari Esteri. Una scelta di produzione e sceneggiatura non casuale, perché è proprio questo Ministero che si relaziona con il Danmarks Rige (il Reame Danese, una sorta di Commonwealth della Danimarca) e quindi con la Groenlandia, vera protagonista di Borgen – Potere e Gloria, molto più che lo stesso Christiansborg Slot e di Copenhagen, di cui comunque si possono ammirare diversi scorci.

La serie qui riparte dal già citato episodio sulla Groenlandia delle prime stagioni per parlare in maniera più ampia del rapporto non facile con l’isola artica, e soprattutto dei suoi enormi problemi socio-economici. Quella che viene chiamata “Terra Verde” (Grønland in danese), e il cui nome autoctono sarebbe Kalaallit Nunaat, è una colonia danese da più di 300 anni: oggi ovviamente la Danimarca non domina il Paese, che è sempre più autonomo, ma ha l’ultima parola per quanto riguarda gli affari esteri, che vedono spesso coinvolti gli Stati Uniti. La monarchia, però, nel suo passato di colonizzatore si è macchiata di diversi crimini, come per esempio sfruttare i bambini Inuit (gli indigeni groenlandesi) per esperimenti medico-scientifici, di cui si è scusata solo di recente.

Il razzismo nei confronti degli Inuit è ancora presente tra i danesi, anche tra coloro che si considerano progressisti (tramite finto interesse verso le problematiche sociali, come l’alcolismo), una cosa che viene espressa fin dall’inizio del reboot di Borgen. Va detto che la Groenlandia tutt’ora si trova ad affrontare gravissimi problemi socio-economici dovuti alla sua forte dipendenza dalla pesca e dal petrolio, di cui approfittano non solo gli States, ma ultimamente anche la Russia e soprattutto la Cina. Alcolismo, alto tasso di suicidi e criminalità, corruzione sono tematiche che emergono in Borgen, insieme al non facile rapporto con la madre-patria, che a sua volta deve fare i conti con la volontà di essere una Nazione carbon neutral e il suo ancora forte guadagno da parte del petrolio, pur avendo di recente vietato ogni nuova concessione nel Mare del Nord per quanto riguarda la ricerca del petrolio.

Borgen – il Potere: non solo attualità

Borgen – Il Potere è una di quelle serie considerate meritevoli per aver rilanciato il cinema e la televisione scandinavi, e ha vinto numerosi premi, tra cui il Prix Italia del 2010 come Miglior serie televisiva drammatica, e migliore serie e migliore musica in una serie al Festival International de Programmes Audiovisuels, in Francia. Ha vinto anche, nel 2012, il premio British Academy Television Awards. Guardando la serie, questo non sorprende. Infatti, ogni episodio, autoconclusivo nella questione ma progressivo e fondamentale per andare avanti, presenta degli incastri e delle trame costruite ad hoc, e soprattutto molto verosimili, in grado di rappresentare la vita frenetica, la ricerca di una soluzione ottimale e in fretta, che contraddistinguono la vita di palazzo. In questo caso, non la pacifica corte della Regina, ma le turbolente sale di Christiansborg, dove non ti puoi fidare di nessuno. Non hai amici a palazzo, dice Sejrø, un personaggio chiave nella prima stagione e amico di lunga data di Birgitte.

Molto belle e diversificate anche le questioni trattate. La serie, affronta tematiche riguardanti prettamente la Danimarca, dalla nomina del Commissario Europeo alla guerra in Medio Oriente a fianco delle Nazioni Unite (siamo nel 2010) fino a, per esempio, il rapporto con la Groenlandia e con le isole Fær Øer. Con la gigante artica, in particolare, si ha uno dei migliori episodi di sempre (e sempre la gigante artica è al centro della nuova serie): Birgitte, che all’inizio ha un atteggiamento freddo e paternalistico verso il Primo Ministro Groenlandese che si di mostra ostile, si dimostra poi attenta a capire i reali problemi della Groenlandia, che spingono i giovani a mollare la scuola, e che portano il Paese di ghiaccio ad avere un alto tasso di corruzione, dovuto alla sua principale risorsa, il petrolio. E, anzi, dimostra interessamento andando lei stessa a fare visita al Paese (dopo la tradizionale visita del primo ministro groenlandese in Danimarca), cosa inconsueta per le istituzioni danesi. Non mancano, certo, situazioni in cui l’encomio a Birgitte è forse troppo esagerato: in alcuni casi, la sua saggezza sembra un po’ forzata e improbabile, mentre è chiaro specialmente nei primi episodi che la regia punta su di lei, con quindi delle bizzarre interpolazioni di tempo e un confronto non alla pari con gli avversari.

Va detto, comunque, che tutti i personaggi sono costruiti bene, e anche quelli meno importanti, come la segretaria sbadata di Birgitte, della prima stagione, rimangono ben impressi nella mente dello spettatore. Molto ben costruito è Michael Laugesen, ex leader dei laburisti e poi Editor-In-Chief del quotidiano Ekspress, che in Italia sicuramente ricorderà, per il suo modo di fare scorretto e arrogante, due politici di fazioni che, sulla carta, sono opposte alla sua. Ci sono situazioni lasciate un po’ perdere, come per esempio quella che riguarda Lars Hesselboe, al primo episodio: la moglie, infatti, soffre di un disturbo evidente, che causa indirettamente la sua sconfitta alle elezioni, e che però viene trattato in maniera superficiale e mai più ripreso. Del resto, è comprensibile trattandosi di un personaggio estremamente marginale.

Dopo Birgitte, gli altri due protagonisti sono Katrine Fønsmark e Kasper Juul. La prima è una giornalista, che lavora inizialmente per l’emittente fittizia TV2, di cui è la principale conduttrice, ed è rappresentante di un altro grande potere, quello mediatico, che in Danimarca trova una delle sue espressioni più libere. Ma Katrine, al di là che piaccia, dimostra il lato bello dei media: una ricerca attenta della notizia, che secondo lei deve essere riportata in modo completo, obiettivo, ed esaustivo, senza fare sconti a nessuno.

Il suo rapporto con Birgitte, fatto di pochi dialoghi e tantissimi sguardi, inizia proprio con Katrine che fa una domanda scomoda e non accoradata a Birgitte, la quale, risentita, si sente rispondere che lei è una giornalista, e non sostiene la campagna elettorale di nessun candidato. L’etica professionale di Katrine si scontra però con le regole dei media, spesso o troppo intimoriti nel mandare le notizie; oppure troppo spavaldi, al punto da creare da soli degli scandali per far cadere questo o quel politico, o direttamente il governo. Ma in seguito, si intuisce che tra le due c’è stima e rispetto reciproco, specie quando altri media, e la stessa TV2 inizia ad attaccarla per questioni legate alla sua famiglia.

Kasper Juul (Pilou Asbæk, noto anche in Game of Thrones) è, invece, il responsabile delle comunicazioni tra Birgitte e i media. È lui che stabilisce con Birgitte cosa dire e come dirlo, e organizza le conferenze stampa. Lui e Katrine hanno due ruoli complementari, e infatti fin dalla prima stagione sappiamo che sono stati insieme e che si amano ancora.

Tuttavia, almeno per chi scrive, la loro lovestory un po’ da soap opera (che nasce in modo comprensibile, ovvero per non appesantire troppo la serie dandole solo connotati politici) occupa decisamente troppo spazio, con continue riprese, litigi, slanci d’amore e di eccitazione. Va detto, però, che sia Katrine che Kasper individualmente crescono molto nelle stagioni, temperando i loro caratteri e raggiungendo una sorta di equilibrio e autonomia, almeno a livello professionale. Kasper non torna in Borgen – Potere e Gloria, e finalmente possiamo dire di esserci tolti l’inutile storia d’amore drammatica tra lui e Katrine.

Insomma, Borgen – Il Potere è un’ottima serie. Appassionante, drammatica, piena di colpi di scena e di esiti tragici (la serie inizia proprio con una morte, e ce ne saranno diverse) in grado di tenere incollati allo schermo e di andare avanti. Chiusa dopo una terza stagione meno convincente delle altre due, Netflix e DR hanno dimostrato di lavorare bene insieme, rilanciando il franchise, rendendolo più attuale, profondo e per certi aspetti anche cupo.

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